Nelle ultime settimane, lavorando alla multicanalità con cui vogliamo esporre Elly, mi sono tornati alla mente due episodi che hanno cambiato completamente la mia visione del futuro.
Il primo risale alla mia vita universitaria subito dopo la laurea, quando mi sono iscritto come studente-lavoratore al corso di laurea specialistica sull’intelligenza artificiale. Era il lontano 2003, nella mia mente a breve avremmo avuto macchine volanti e droni che portano a spasso il cane, anche se lavoravamo ancora con Windows XP e Microsoft aveva lanciato .NET solo l’anno prima.
Emozionatissimo vado alla prima lezione di Intelligenza Artificiale, con la mia nuovissima copia di Intelligenza Artificiale, Un Approccio moderno (Vol.1), testo ancora validissimo, tra l’altro. Non potevo seguire tutti i corsi perché lavoravo, ma utilizzavo permessi e ferie per seguire quelli che mi appassionavano di più. Dopo una attesa snervante, in un’aula enorme con solo una ventina di studenti, vedo arrivare finalmente la docente del corso, una vecchia conoscenza del corso di Linguaggi, ormai prossima alla pensione.
Lascia la borsa sul tavolo, tira fuori un portatile che per l’epoca aveva un suo perché, e prova a collegare il cavo VGA al proiettore della sala. Dopo circa dieci minuti di infruttuosi tentativi, decide di rinunciare: si fa portare un proiettore per lucidi e estrae con un sorriso diabolico i lucidi della lezione. Il fatto che li avesse con sé come backup mi fece pensare che non fosse la prima volta che lottava con un proiettore elettronico.
Sinceramente pensai che fosse un pessimo inizio, che come sempre l’università fosse lontana anni luce dalla vita reale, che i docenti fossero troppo anziani per insegnare materie così nuove e che forse avrei fatto meglio a studiare in autonomia fuori dagli orari lavorativi. Il tempo mi avrebbe insegnato quanto le mie considerazioni fossero superficiali, ma una cosa mi restò impressa: il commento della docente dopo aver sistemato il nuovo proiettore. Disse qualcosa del tipo:
“Vedete ragazzi, magari sono io incapace, ma finché la tecnologia non sarà trasparente e alla portata di tutti, il suo vero valore sarà sempre inespresso”.
A suo tempo mi parve solo una scusa, solo oggi ne colgo il vero senso.
Il secondo episodio invece è molto recente, e riguarda il mio impegno con l’associazione no-profit Fare Digitale, con cui cerchiamo di dare il nostro contributo alla diffusione del digitale nella vita quotidiana, sensibilizzando tutti gli attori coinvolti e creando gruppi di lavoro verticali sulle tematiche che più ci stanno a cuore.
Nell’ambito dell’evento di lancio dell’associazione, abbiamo invitato un po’ di ospiti per parlarci del ruolo del digitale in Italia e di alcuni aspetti specifici che come associazione teniamo in forte considerazione. Tra questi, c’è stato il professore Carlo Mazzone, invitato proprio da me, conoscendo il suo impegno nell’insegnamento nella scuola pubblica, che lo ha portato anche, più che meritatamente, alle finali del Global Teacher Prize.
In uno dei suoi interventi, dice una cosa molto semplice, ma contemporaneamente molto affascinante:
“Il digitale deve essere trasparente rispetto a quello che è il proprio utilizzo, quando noi ci immaginiamo le città del futuro, anche guardando un po’ i film di fantascienza, ci immaginiamo questi enormi grattacieli, queste macchine che volano […], io immagino una città del futuro in cui non si vede che la città è nel futuro, mi immagino qualcosa di immerso nell’ambiente, qualcosa di trasparente, dove però c’è tecnologia ovunque”.
Confesso che per me è stato un po’ disarmante ascoltarlo, non perchè abbia detto qualcosa di fuori dal mondo, ma perché ha fatto crollare un immaginario che non avevo mai messo in discussione, che unisce pragmatismo e valore in qualcosa di sostenibile.
UX e trasparenza
Pensiamoci bene: User eXperience e trasparenza non sono, in fondo, la stessa cosa? Lo scopo dello studio della UX è rendere facilmente utilizzabile una soluzione (hardware, software o di qualsiasi altro tipo) a determinate categorie di utenti. La trasparenza, come la stiamo intendendo qui, riguarda l’abbattimento delle barriere, fisiche e non, nell’uso della tecnologia.
Da questo punto di vista coincidono esattamente, e la possibilità di utilizzare la multicanalità nel poter usufruire di un servizio digitale è perfettamente in linea con il desiderio di implementare entrambe: un’esperienza utente efficace per il proprio target attraverso la possibilità di usare il canale che si preferisce.
Per questa ragione, quando abbiamo cominciato a progettare la dashboard del nostro prodotto, lo abbiamo subito visto come uno dei microservizi con cui poterlo utilizzare. Abbiamo subito immaginato di potervi accedere attraverso altri strumenti che i nostri potenziali utenti già utilizzano, come Teams, Slack, Alexa, Siri, Cortana.
Immaginandoci questi scenari, i casi d’uso possibili sono diventati tantissimi. L’esempio di utilizzo durante una riunione, che facevo nell’articolo precedente, si può facilmente estendere a tanti altri momenti della quotidianità. Se l’obiettivo è l’accesso al dato di interesse, nella forma di interesse, nel momento in cui può fare la differenza, non possiamo immaginare di avere sempre a disposizione la possibilità di lanciare un nostro client.
Quante volte vi sarà capitato di fare brainstorming nelle situazioni più disparate e non avere sottomano le informazioni a supporto di una idea, che la invalidassero o la confermassero. E’ proprio questo uno degli aspetti su cui ci stiamo concentrando, ed ecco perchè l’analisi e la comprensione del linguaggio naturale sono la chiave di volta: l’interfaccia di comunicazione deve essere comune ed il linguaggio che usiamo continuamente è sicuramente il miglior candidato.
Conclusioni
Per concludere, parafrasando l’espressione “tecnologia al servizio dell’uomo”, provando a dargli una connotazione più verticale al nostro settore di interesse, possiamo definire il nostro obiettivo principale la ricerca di una intelligenza artificiale a supporto dell’uomo: trasparente e human-friendly, per dare valore alle sue potenzialità nella collaborazione tra intelligenze artificiali e naturali.
Se volete scoprire come stiamo facendo, continuate a seguirci.