Mi sono spesso occupato di progettazione e realizzazione di interfacce grafiche nella mia carriera, cercando sempre di porre l’attenzione su quella che viene definita la User eXperience (UX) più che l’aspetto puramente estetico di una UI, che dopo il primo effetto wow, spesso è più controproducente che neutra rispetto all’uso del prodotto.
La sfida è quella di fornire a specifiche categorie di utenti una esperienza di interazione con le applicazioni che sia la più naturale possibile. Ho scelto il termine “naturale” e non “semplice” per una ragione: il primo è palesemente oggettivo, il secondo invece è spietatamente soggettivo.
Durante il mio percorso di studi mi sono imbattuto in un esame a scelta chiamato “Interazioni Uomo-Macchina”, che insieme all’esame di tecnologie Web, mi ha sicuramente lasciato due ricordi indelebili. Il primo è legato al come si possa rendere questi due esami facoltativi e non obbligatori in un percorso di studi informatici, il secondo invece è un libro, consigliato dal professore di interazioni uomo-macchina, di Donald A. Normann, chiamato “La caffettiera del masochista” (l’originale inglese si chiama “The Design of Everyday Things”).

E’ un libro che non parla di intefacce grafiche, ma di usabilità degli oggetti nella vita quotidiana e di come spesso le esigenze estetiche rendano gli oggetti difficili da utilizzare. Sono passati anni ormai, troppi direi, da quell’esame e dalla prima lettura di quel libro, ma il problema è ancora attualissimo e a mio parere non risolvibile con le attuali tendenze nella standardizzazione delle interfacce grafiche delle applicazioni business.
Certo, il passaggio dallo sviluppo Desktop a quello Web ha in buona parte aiutato a “snellire” le UI, ma più per motivi di adattabilità agli schermi e alle restrizioni del browser, che per un vero motivo di UX, in cui entrano in gioco tanti fattori psicologici di cui non possiamo non tenere conto.
Come possiamo fare quindi? Se siete appassionati di tecnologia e serie TV come me sicuramente avrete visto la serie Silicon Valley, una parodia, purtroppo non così lontana dalla realtà, di come il business delle startup a volte sia ridicolmente lontano dal voler risolvere problemi reali e “rendere il mondo un posto migliore”.
In uno degli episodi della quinta stagione della serie, Jared (Zach Woods) viene intervistato insieme a Richard (Thomas Middledtich), il CEO della Pied Piper, la startup di cui parla la serie. Gli viene chiesto a sorpresa, in qualità di COO dell’azienda, di spiegare perchè il loro principale concorrente avrebbe dovuto aver paura di loro. La risposta, un po’ imbarazzata, fu “letame”.
Ovviamente gli viene chiesto cosa intendesse dire, e un momento imbarazzante diventa l’occasione per spiegare come nel 1894 Londra stesse affrontando una grande crisi dovuta al letame dei cavalli che invadeva le strade. All’epoca I cavalli erano il principale mezzo di trasporto e l’arrivo di tante persone in città, a seguito della rivoluzione industriale, aveva creato il problema.
Mentre tutti si affannavano a trovare una soluzione al letame, probabilmente senza pensare che il problema fosse alla fonte, Henry Ford dimostrò che una nuova tecnologia, l’auto, soppiantando la vecchia, il cavallo, avrebbe risolto il problema. Naturalmente era necessario che questa tecnologia fosse disponibile alle masse, quindi a un prezzo accessibile.
Oggi abbiamo la potenza computazionale per usare algoritmi di intelligenza artificiale per immaginare nuovi modi di interagire con le “macchine”. Lo vediamo già con Alexa, Siri, Cortana. Osserviamo come i nostri figli più piccoli interagiscono con queste tecnologie. Il mio ha da poco compiuto 2 anni e durante il lockdown gli ho comprato un dispositivo Alexa con display per poter agevolare le comunicazioni a distanza. Oggi lo usa per chiederle canzoni, i versi degli animali, l’alfabeto, i numeri. La naturalezza con cui lo fa è impressionante.
Proviamo a immaginare, in un contesto business, come questa tecnologia si possa sostituire alle classiche form e pagine, e come le principali applicazioni di intelligenza artificiale, come il riconoscimento del parlato e degli intenti, della sintesi vocale, dell’analisi di video e immagini, collegate insieme da un ambiente che ne faciliti l’integrazione con i dati aziendali, possa diventare un valido supporto decisionale per manager e imprenditori. Non lasciando prendere le decisioni alla macchina, ma fornendo un supporto decisionale che, insieme a l’insostituibile intuito dell’essere umano, possa aiutare a prendere decisioni migliori più velocemente, aiutandoci a guadagnare la cosa più preziosa che abbiamo: il tempo.
Ellycode è nata per questo: è la concretizzazione della voglia di eliminare un tarlo che per anni, mentre progettavo e costruivo interfacce grafiche, mi ha perseguitato. Eliminare il “letame” dalle mie applicazioni, rendendo più naturale e umana, l’interazione uomo-macchina.
Curiosi di sapere come? Continuate a seguirci e lo scopriremo insieme!